La leggenda di Italo

La leggenda di Italo

7 Giugno 2024 Off Di gestione

I testi magnogreci raccontano la leggenda di Italo

L’attuale Calabria fu il regno di Italo.

Re Italo e l'Italia

Re Italo in Calabria

La leggenda vuole che i primi abitanti della Calabria conducessero una vita nomade e selvaggia. Essi vivevano nelle caverne, lottavano con gli animali e si cibavano miseramente. Non sapevano coltivare la terra, né allevare il bestiame, né esercitare arti e mestieri. Ecco perché la regione, che era florida e bella, rimaneva in uno stato selvaggio.

Fu così che i nostri vecchi padri (durante l’età del ferro, che inizia intorno al XII secolo a.C.), obbedienti al comando degli dei, proclamarono Italo loro Re e ne seguirono gli ammaestramenti. Da parte sua , Italo, insegnò loro come coltivare la terra, come trarre profitto dagli animali e come utilizzarne i prodotti; dettò leggi savie, decretò il culto di Cerere, la dea delle biade, di Fauno, genio benefico dei monti, della campagna e del bestiame, e di Fauna, la dea che aumentava i prodotti della terra e la ricchezza degli uomini.

Gli Itali della Calabria

Fu così che fiorì la nostra terra e gli abitanti che dal loro re presero il nome di ITALI, diventarono civili e furono celebrati tra i popoli dell’antichità. Aristotele tramanda così l’origine della denominazione Italia: “…un certo Italo diventò re degli Enotri e da lui prese la denominazione di Italia tutta quella penisola d’Europa compresa fra i golfi Scilletino (Squillace) e Lametico (S. Eufemia), che distano fra loro mezza giornata di viaggio…“.

Itali, enotri, calabria

Vita errante e primitiva senza Italo

Nei tempi dei tempi, i primi abitatori dell’attuale Calabria vivevano una vita errante e primitiva su per i monti, lungo il corso dei fiumi, tra le fitte boscaglie e lungo la costa. Questi ultimi che erano i più numerosi abitavano nelle capanne, su palafitte o negli accampamenti improvvisati, ma c’era anche chi preferiva dimorare nelle caverne. Conoscevano appena l’uso del fuoco, erano dediti alla pesca e trascorrevano molto tempo per costruire zattere e piroghe. Dai campi prendevano quanto c’era di commestibile allo stato naturale. Gli arnesi da lavoro e le armi che usavano per lottare contro gli animali feroci erano ancora molto rudimentali. Non sapevano coltivare la terra, né allevare il bestiame, né esercitare arti e mestieri. E così, la regione che Iddio aveva voluto florida e bella rimaneva in uno stato completamente selvaggio.

La comparsa di Italo

Un giorno una violenta tempesta si abbatté su quei luoghi. I pescatori che si trovavano sulla spiaggia e che già avevano intuito l’arrivo della bufera, mentre si apprestavano a rientrare al villaggio notarono incuriositi una grande imbarcazione che, per riparare dal temporale, navigava spedita verso la costa. Il cielo si oscurò, e lampi e tuoni scaricarono con violenza dirompente tutta la loro energia.

Con quel temporale chiunque si fosse trovato in mare non avrebbe avuto nessuna possibilità di salvarsi, e non vi era tra i presenti chi poteva accorrere in aiuto, anzi dovettero sbrigarsi a cercare per loro stessi un riparo nell’entroterra. La grande imbarcazione continuò ad avvicinarsi alla costa, apparendo e scomparendo tra le onde che si ingrossavano sempre di più, ma la corrente la stava trascinando inesorabilmente contro la scogliera. Le nubi colorate di morte oscurarono il cielo, il buio della tempesta si unì a quello della notte ed il nubifragio sembrò durare una eternità. La pioggia continuò a cadere in modo così persistente da far crollare abitazioni, disperdere gli animali che vivevano con i nativi, sradicare alberi, staccare grandi massi di roccia dalle rupi ed inondare i terreni sino alle falde delle colline circostanti. Alle prime luci dell’alba tutto era finito.

Alcuni pescatori, che non avevano dimenticato la scena dell’inevitabile naufragio della grande barca, decisero di ritornare sulla spiaggia nella speranza di trovare qualche persona ancora viva. Per ore avanzarono nel fango e, giunti quando il sole era già alto videro che su di uno dei faraglioni della grande scogliera, dove solitamente usavano riparare le loro zattere e piroghe, c’era un uomo con i piedi penzoloni e la testa china, legato con una grossa fune a due spezzoni sporgenti di roccia: sembrava essere morto.

Le onde impetuose avevano scaraventato sulla spiaggia i resti dell’imbarcazione e, sparpagliati un po’ dovunque, tronchi di legno, casse e strani oggetti. I pescatori si diressero verso la scogliera, alcuni di loro si arrampicarono con agilità felina sul faraglione e slegarono il corpo dello straniero. Era svenuto, ma ancora vivo, sicché portatolo sulla spiaggia lo adagiarono sopra un cespuglio per curargli le ferite. Uno di loro si tolse i propri indumenti e lo coprì, un altro gli mise un sasso sotto la testa, un altro ancora andò a prendere dell’acqua e poi delle alghe particolari per fargliele odorare affinché si svegliasse. E difatti lo straniero aprì gli occhi, guardò per un attimo quelle persone, poi sorrise come per dire grazie.

Italo, sguardo sicuro e sereno, alto e robusto, con i capelli a riccioli neri

Al villaggio, dove più tardi venne condotto, tutti cercarono di rendersi utili preparandogli da mangiare, andando a raccogliere della frutta e sistemando un comodo giaciglio in una capanna tutta per lui. Erano ammirati da quest’uomo dalla carnagione pulita di colore olivastro, dallo sguardo sicuro e sereno, alto e robusto, con i capelli a riccioli neri che gli toccavano leggermente le spalle. Lo guardavano estasiati come fosse un dio. Il naufrago disse loro di chiamarsi Italo e che era stato inviato lì, per volere di Nettuno, da Fauno genio benefico dei monti, della campagna e del bestiame, e da Fauna la dea che aumentava i prodotti della terra ed il benessere degli uomini.

La scelta di Nettuno

Nettuno aveva ordinato ai due dei di condurre Italo in quei luoghi per aiutare la popolazione a trarre profitto dai prodotti della terra e del mare, insegnandogli a praticare la caccia con archi e frecce, a coltivare la terra, a come utilizzare i prodotti, a modellare il ferro per forgiare gli aratri, a tagliare il legno e a costruire barche e abitazioni più comode. E così fu. Tutti seguirono i suoi insegnamenti e lo ascoltarono con vivo interesse, incantanti dal suo ingegno.

Ma Italo li educò anche sulle leggi della natura, gli spiegò il valore del rispetto verso i propri simili, gli parlò di quanto fosse importante vivere sempre in pace e di considerare sacra l’ospitalità agli stranieri. Sia per riconoscenza, sia perché erano conviti che fosse un dio, ma soprattutto per il timore che prima o poi sarebbe andato via, la gente di quei luoghi lo volle proclamare loro re. Italo rimase con loro per molto tempo e quella terra fiorì di ogni bene.

Gli Itali, tra i popoli dell’antichità furono i più celebrati, i più saggi ed i più ricchi.

Un giorno però Italo annunciò, con profonda amarezza, che era giunta l’ora di tornare da dove era venuto. Il popolo, anche se con dispiacere, si inchinò alla volontà del loro re, e per non dimenticarlo decisero di chiamarsi Itali e la terra dove vivevano Italia. Tra i popoli dell’antichità furono i più celebrati, i più saggi ed i più ricchi.